Come ben sanno gli interessati, l’assegno al nucleo familiare, anche se a carico dell’INPS, è anticipato in genere dal datore di lavoro che, successivamente, conguaglia la somma corrisposta a questo titolo al lavoratore in occasione del pagamento all’INPS dei contributi previdenziali.
Questa regola è stabilita dall’articolo 8, L. n. 1038/61 che, aggiornando il T.U. sugli assegni familiari, testualmente dispone:
“Salvo quanto disposto per l’agricoltura negli articoli da 66 a 69, gli assegni familiari sono corrisposti agli aventi diritto a cura del datore di lavoro alla fine di ogni periodo di pagamento della retribuzione”.
Sulla base di questa norma l’INPS, in un successivo messaggio (è il numero 12790/2006), ha chiarito che “l’obbligazione sussiste anche in caso di richiesta successiva alla data di risoluzione del rapporto di lavoro, ma relativa a periodi pregressi (nel limite di 5 anni), per quel datore di lavoro, alle cui dipendenze il lavoratore medesimo prestava attività nel periodo oggetto della richiesta, sempre che l’impresa conservi un rapporto previdenziale con l’Inps ovvero non sia cessata o fallita”.
In parole povere ciò vuol dire che il datore di lavoro deve corrispondere l’assegno per il nucleo familiare al lavoratore per il periodo prestato alle proprie dipendenze, anche se la richiesta è inoltrata dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Esistono dei casi specifici in cui è l’INPS ad erogare direttamente l’assegno al nucleo familiare.
Nel numero 95 di Previdenza Flash troverete un approfondimento su questo tema.
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