Con una sentenza ipergarantista la Corte Costituzionale ha pensato bene di annullare una norma di legge del 2011 che era intervenuta per cercare di limitare il fenomeno delle cosidette “badanti furbette”.
Di cosa si tratta? A fronte del fenomeno sempre più frequente di arzilli vecchietti (ed anche vecchiette, in verità, anche se in misura minore) che convolavano a giuste (si fa per dire) nozze con giovani badanti,  con il bel risultato che questi inconsolabili giovani vedovi si ritrovavano a godere vita natural durante, conservando lo stato vedovile, della pensione di reversibilità , era intervenuta la legge N° 98/2011 che fissava regole precise in questi casi anomali.
La legge prevedeva che in caso di matrimonio in cui uno dei novelli sposi avesse già compiuto i 70 anni e l’altro sposo avesse un’età inferiore di almeno 20 anni la pensione di rversibilità non venisse erogata per intero ma in ragione della durata del matrimonio stesso.
In altre parole,  veniva erogato un decimo della pensione spettante per ogni anno, o frazione, di durata del matrimonio fino a raggiungere la pensione piena dopo dieci anni.
Questa decurtazione non si applicava in caso di presenza di figli minori i maggiorenni inabili.

A tutti era sembrata una legge sostanzialmente corretta…ma qualcuno ci ha messo il naso: la Corte dei Conti della regione Lazio, ritenendola incostituzionale, ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale che con propria sentenza, la n° 174 del 2016, ha dicharato l’incostituzionalità della norma sostendo che “al cuor non si comanda” e che la differenza di età e la durata del matrimonio  non possono essere causa ostativa al godimento  della pensione di reversibilità piena.
Il tutto alla faccia dei malpensanti che non credevano al vero amore tra vecchietti e giovani pulzelle di belle speranze.
Mah! ogni commento è superfluo.

Un approfondimento sul tema lo trovate nel n° 158 di Previdenza Flash.
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